Abbiamo chiesto alla nostra collega Barbara Marini di intervistare Héctor Abad Faciolince, grande scrittore colombiano, uno dei più importanti romanzieri dell’America Latina. Nei giorni scorsi Abad Facioline è rimasto ferito nell’attacco di russo su Kramatorske, dove ha perso la vita Victoria Amelina.
Glielo abbiamo chiesto perché sappiamo dell’amicizia che la lega al grande scrittore e perché quei fatti tragici, un razzo sui civili, meritavano di essere denunciati e non finire nella risulta degli orrori a cui siamo purtroppo abituati. Barbara s’è schermita finché ha potuto, giustamente determinata a non mescolare affetti e professione ma, alla fine, ha capitolato. Per questo le siamo grati (G.C.).
Da giovane aveva studiato a Torino (nel 1982, dopo che era stato espulso dalla sua Università di Medellin), ed è stato anche un fine traduttore: Umberto Eco, Tomasi di Lampedusa, Voltaire, Sciascia, Calvino, Bufalino, Kipling. Ascoltava dunque quei versi come solo uno scrittore sa fare, fino alla commozione di un bambino e si “buttava”, cantando con la sua bella voce colombiana. Poi, “Meraviglioso” di Modugno, l’ha voluta imparare a cantare e suonare. Da quel pranzo lo chiamo “tio”, zio, un modo bambinesco per rifugiarmi sotto la sua ala. Se lo chiamassi “mentore” o “maestro” mi riderebbe addosso. Così sorride e basta.



