Dalle intransigenze alla transazione

La transizione al grigio è la mia ultima decisione

Pare vada di moda, non sono così originale.

All’inizio della mia esistenza credevo solo nel bianco e nero. Così mi tingevo di rosso per non prendermi troppo sul serio. Per trent’anni ho coperto il mio biondo, la mia natura cenere, la poca vivezza e la troppa esitazione con il rame. Nessuno lo sapeva perché ho la faccia da rossa. La pelle bianchiccia che al massimo diventa rosata.

Avevo il sangue pieno di nichel, pure il conto era in rosso, e il tempo era diventato prezioso. Nulla contro la mia ormai amica Dominika, che mi spennellava mensilmente per tre ore di chiacchiere irrisorie e tutto sommato innocenti. Più che vanità era un esercizio di accettazione. E di sopportazione perché per me, quelle pratiche, assomigliano quasi a torture.

Una mattina mi sono svegliata e ho visto il riflesso della pioggia sul vecchio vetro della finestra della mia camera. Col cielo plumbeo,  quella striscia di luce era grigia. E mi ricordai di una sera di vent’anni fa, del mare di Inishmore: la sabbia grigio-topo che illuminata dai raggi del sole pareva una colata di argento.

Con la più bella domanda di Chiara, quel giorno anzi quella sera, mentre camminavamo proprio dentro l’oceano spiaggiato, con le giganti meduse oceaniche che facevano capolino mi  disse: “qui i colori sono fatti di grigio eppure è tutto bellissimo! Perché dove sono io, il grigio invece mi porta tristezza”? Quella domanda sul grigio e sul senso della tristezza, è stata il sipario aperto sulla nostra amicizia e quel viaggio ne sanciva un altro, ben più grande che facemmo e tracciamo insieme ancora oggi.

Ecco se penso al grigio, davvero mi vengono in mente solo cose belle. Allora mi sono arresa. D’altra parte, era ora di dichiarare a me stessa che non temo più il confronto, il giudizio e l’invecchiare. Durante la Pandemia, come molte altre donne – ho scoperto poi – mi sono “lasciata andare” e la mia attuale natura è spuntata senza indecisioni.

Il grigio è ceruleo, argenteo, bianco, brillante, spento, irlandese, ma anche triste (e perché no?) e scintillante. Non ci sono più gli Enten Eller, gli Aut Aut, il bianco e il nero, ci sono decisioni ponderate, silenzi, attese, passi indietro, vertigini, ripensamenti, rielaborazioni, brutte copie, belle copie, ricuciture, rimedi. Ci sono svolte. Chi mi ha amato e mi ha perduta, neanche mi riconoscerebbe forse, oggi.

Ogni decisione non ha più un colore, ogni decisione è un colore, perché la realtà si è dilatata, è infinita. La transizione al grigio è l’accettazione libera, consapevole che le aspre e ardite spiagge di Inishmore, sono più belle di quelle divertite di Riccione. Ovvio. Ma ci sono volute mille pennellate di rame per trovare il colore giusto della verità di me.

 

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